OSTEOINTEGRAZIONE

Guarigione ossea attorno agli impianti

“Congruenza anatomica assoluta fra un osso vivente rimodellante e sano e un componente sintetico che trasferisce un carico all’osso stesso”. Per-Ingvar Branemark

L’osteointegrazione è il concetto che sta alla base dell’implantologia moderna.

Osteointegrazione Guarigione ossea attorno agli impiantiPrima degli studi condotti in Svezia dal Prof. Branemark esistevano già procedure di implantologia dentale, i primi tentativi risalgono addirittura al 1809 con le viti in oro di Maggiolo per passare a tutta una serie di nomi illustri anche Italiani come Formaggini, considerato il padre dell’implantologia europea,  che nel 1947 aveva ideato delle viti cave in acciaio e tantalio  che ebbero scarsissima fortuna; Tramonte che aveva modificato le lame di Linkow , Pasqualini, Muratore e tanti altri che prima ancora dell’avvento della scuola basata sull’osteointegrazione hanno utilizzato proficuamente l’inserimento di impianti nel cavo orale per la sostituzione di denti mancanti.

Con queste prime tecniche la superficie dell’impianto non era a diretto contatto con l’osso ma tra impianto ed osso vi era un tessuto fibroso che molti avevano paragonato al legamento parodontale presente nei denti naturali e per questo motivo fu chiamata, osteo-fibro integrazione.

Quelle tecniche ottenevano anche un discreto successo nelle mani di pochi esperti come sopravvivenza degli impianti, ma avevano il grosso handicap di essere poco supportate da studi clinici, ricerche, da esami istologici e documentazione scientifica.

Uno tra i primi a portare avanti studi scientifici seri e a divulgare insegnandole quello che era conosciuto fu, nei primi anni sessanta Linkow che ideò le sue lame con le quali ebbe il merito di aprire questo settore al dentista comune.

La osteo fibro integrazione si è rivelata nel tempo inadeguata all’utilizzo di massa degli impianti pertanto oggi le tecniche di osteointegrazione sono diventate  le uniche ad essere utilizzate nell’implantologia moderna.

Il termine è stato coniato per la prima volta dal Prof. Branemark verso la fine degli anni sessanta per descrivere l’intima connessione che si realizza  tra un impianto e l’osso che lo riceve.

Il modo in cui arrivò a scoprire le proprietà del titanio in campo ortopedico fu, come generalmente avviene per le grandi scoperte, del tutto fortuito .

Tutto partì da un coniglio

Il professor Brånemark, chirurgo ortopedico, nel corso di indagini di laboratorio, per la valutazione degli effetti di alcuni farmaci sulla microcircolazione,   osservò come alcuni componenti  nel titanio, inseriti nella tibia e nel perone di un coniglio-cavia, avessero aderito all’osso quasi cementandosi con esso. Approfondendo il caso, scoprì involontariamente la capacità osteointegrativa del titanio, il quale dopo essere stato opportunamente trattato e decontaminato, si rivelò biocompatibile e pienamente tollerato dall’organismo. : a questa intima adesione diede il nome di osteointegrazione e la definì come:  «congruenza anatomica assoluta fra un osso vivente rimodellante e sano e un componente sintetico che trasferisce un carico all’osso stesso».

Ma cosa vuol dire esattamente osteointegrazione ?

Si tratta di processi chimico-biologici che portano alla ricrescita di osso a stretto contatto della superficie implantare tanto che l’impianto diventa un tutt’uno con l’osso in cui è inserito.

Questi processi coinvolgono, in tempi diversi, molti sistemi metabolici. Si passa dalle prime fasi di riparazione di una ferita chirurgica con l’attivazione del sistema immunitario a tutti i processi che portano al ripristino della normale vascolarizzazione e alla formazione di nuovo osso.

Molti fattori incidono sulla formazione di questo intimo contatto; a cominciare dalla superficie dell’impianto, al disegno delle sue spire, dalla stabilità primaria che si ottiene in fase chirurgica, alla densità dell’osso e alla sua vascolarizzazione.

E’ pertanto molto importante per ottenere l’osteointegrazione, che l’impianto sia di ottima qualità.

E’ opportuno sfatare a questo punto uno dei più ricorrenti ritornelli che si sentono dire quando un impianto fallisce:

Da quanto detto fin quì, il materiale di cui sono formati gli impianti, il titanio , è biologicamente inerte e gli studi condotti dal Prof Branemark lo hanno dimostrato inequivocabilmente, pertanto l’organismo non riconosce il titanio come elemento estraneo quindi non esistono verso gli impianti reazioni di rigetto anzi al contrario l’osso lo inglobba crescendogli intorno.

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